Se mi chiedessero di descrivere, semplicemente, con due parole soltanto, la mostra “Alma Tadema e i pittori dell’800 inglese”, che occupa le sale del chiostro del Bramante a Roma fino al 5 giugno, direi: donne e profumi. Una mostra nuova nel suo genere che si sviluppa in uno spazio espositivo importante e senz’altro consono ai contenuti rappresentati.
Il fenomeno dei Preraffaelliti, confraternita formatasi nel 1848 da giovani pittori di varie origini ma che vivevano e lavoravano in ambiente londinese, sosteneva il ritorno ai primitivi, agli artisti prima di Raffaello, cioè prima che l’arte diventasse un’attività intellettuale; il culto per i classici, per Dante, per il romanzo cavalleresco ne costituiscono la trama principale e ne fanno un’assoluta novità nel panorama artistico a cavallo dei due secoli.
Ma il tema, ricorrente nei dipinti di questo periodo, sul quale volutamente la mostra si sofferma e sviluppa più compiutamente, è l’idealizzazione della donna come ce la offre il “dolce stil novo”. Una donna classica nelle sembianze, raffinata, ben vestita, circondata spesso dai fiori ancorchè dolcemente assorta e malinconica. Una figura femminile, di frequente nuda, inserita in contesti classici, non del tutto reali, intenta alle incombenze quotidiane o in attesa del sospirato amante.
Se pensiamo che siamo in epoca vittoriana, che per l’Inghilterra ha significato senza dubbio ricchezza e capitalismo ma ha anche rappresentato, per certi versi, intolleranza e discriminazioni sociali, capiamo la portata innovativa di quel gusto e di quello stile che influenzò le correnti posteriori del simbolismo e del decadentismo. Il collegamento indiretto al risveglio cattolico inserisce nelle opere la componente religiosa e un discreto naturalismo al quale si riconosce il carattere del messaggio divino. Ecco infatti le raffigurazioni degli angeli e dell’annunciazione rese con una tecnica pittorica che ama i particolari e la descrizione minuziosa in un alternarsi di colori vivi e intensi ma al tempo stesso delicati e accostati con gusto.
Gli autori in mostra, da Millais e Rossetti a Burnes Jones, da Frederic Leighton a John William Waterhouse e per finire al genio di Alma Tadema, osarono ispirare le loro tele a episodi mitologici, leggende celtiche, fiabe, soggetti religiosi e qualche volta shakespeariani ma sempre abitati da raffinati personaggi femminili dai volti tipicamente anglosassoni e con folte e ricce capigliature molto spesso di colore rosso.
Antigone, Esther, la suonatrice di Saz, il canto della Primavera soltanto per citarne alcune, sono tutte donne, donne appartenenti a mondi diversi ma modelli di vita e di bellezza assoluta: muse, incantatrici, eroine d’amore, streghe, principesse, femmes fatales, esseri angelicati, sensuali, comunque sempre protagoniste della scena.
Se la figura femminile occupa il primo posto in tutte le tele, il paesaggio viene a seguire sicuramente. La natura trionfa in un tripudio di fiori e colori che rende le immagini poetiche e magnifiche e ha il suo acme nella ricca e splendida tela di Alma Tadema "Le rose di Eliogabalo" che chiude l’esposizione.
Il dipinto colossale esposto alla Royal Academy nel 1888 si ispira alla Historia Augusta, ma soprattutto al romanziere Huysman che tanto influenzò scrittori come Oscar Wilde e D'Annunzio. La scena mostra il crudele imperatore romano di origine siriana che schiaccia gli ospiti sotto una cascata di rose dipinte con una precisione inimitabile. La sala del banchetto è descritta minuziosamente nel suo lusso di marmi e tappeti ed è occupata quasi del tutto da una cascata di petali di rose che scendono inesorabili sui corpi degli ospiti i quali non tradiscono il benché minimo stupore né lasciano trapelare alcuna sofferenza; i loro volti restano impenetrabili e dolcissimi allo stesso tempo.
Il percorso intero è un crescendo di meraviglie e un piacere per gli occhi: tutto quel garbo e quella signorilità di comportamenti e di costumi è un appagamento del desiderio per il bello che nel contesto storico attuale sembra quasi un anacronismo.
Nulla da dire sulla realizzazione e i pannelli illustrativi, sintetici al punto giusto; le uniche due pecche se si può chiamarle tali: avrei evitato di spargere sui muri finti petali di fiori e profumare di rosa la sala con l’ultima tela. Fa un po’ kitsch.
Cristina Caronna
Chiostro del Bramante – Dal 16 febbraio al 6 giugno 2014